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Parole e Sport: l’editoriale del Consigliere Nazionale Franco Del Campo

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Parole e Sport: l’editoriale del Consigliere Nazionale Franco Del Campo

Le parole sono importanti: Lo sappiamo da sempre e Nanni Moretti, sempre un po’ scorbutico, ce lo ha ricordato in “Palombella rossa” (1989). Le parole riempiono anche lo sport, quando viene commentato e raccontato, ma gli sportivi, quelli che lo fanno e lo vivono davvero, di solito sono silenziosi, perché devono risparmiare il fiato per la fatica. Certo, ci sono le interviste, ma sono sempre i giornalisti a condurre il gioco. Invece le parole ci sono, anche dentro la testa di chi resta senza fiato per la fatica o è stato ammutolito da una sanzione. E sono importanti perché esprimono una profondità di riflessione che altrimenti rimane segreta e inascoltata e che nessun risultato agonistico, da solo e per quanto eccellente, può raccontare. Ecco, allora, le parole di Sara Curtis, 18 anni, nata a Savigliano (Cuneo), figlia di Helen, nigeriana, e di Vincenzo, figlio di immigrati da Frosinone per andare a lavorare alla FIAT. Fisico splendido per qualsiasi disciplina, ma lei nuota e recentemente ha battuto i record di Federica Pellegrini, che risalivano al 2016, nei 50 (24”43) e nei 100 stile libero (53”01). Fa la vita di tutti i nuotatori che studiano: scuola al mattino e al pomeriggio due ore e mezza di allenamenti, sei giorni su sette, tra vasca e palestra, e poi -nel suo caso- due volte alla settimana in treno per nuotare in vasca da 50 metri. Adesso, dopo la maturità, andrà a nuotare in Virginia (USA) e a studiare psicologia all’università, Trump permettendo. Intanto parla quattro lingue, legge poesie e gialli e scrive su carta con la penna, perché, dice, “mi aiuta a fissare le cose e a fare ordine nella testa. La salute mentale mi interessa”. Come se non bastasse, continua: “Nello sport se ti nutri di parole belle e sagge, il tuo corpo va verso una direzione positiva, se gli trasmetti vibrazioni negative, ne risente. Il nuotatore, poi, deve resistere alla solitudine della piscina. E avere una vita normale: passioni, uscite, studio (…).” E poi ancora una riflessione quasi antropologica: “C’è un pregiudizio forte contro gli atleti neri o afrodiscendenti basato su studi che non condivido, secondo cui hanno ossa più pesanti. In Africa si fa atletica perché non c’è acqua né piscine, tutto qui. Anch’io se fossi nata lì non avrei nuotato”. Parole chiare e definitive, ma poco prima aveva detto: “Per me il nuoto dovrebbe essere un obbligo per tutti”. Lo sapevamo già, fin dai tempi degli antichi romani, ma poi ce ne siamo un po’ dimenticati. 

Dasy Osakue, 29 anni, è un altro corpo pieno di parole, intelligenza e muscoli, nata a Torino da genitori nigeriani, primatista italiana nel lancio del disco (64,57 metri). Si è allenata ed ha studiato in Texas, laureandosi in Giustizia criminale, ma, nella sua città, è stata anche fermata come sospetta ladra in un negozio, solo per il colore della sua pelle. “Siamo un paese -dice- in cui è radicata la paura del diverso che nasce dall’ignoranza.” Naturalmente è anche una vera “patriota”, non a chiacchiere, perché adora la bagna càuda, la Nutella, impazzisce -come tutti gli Azzurri- per l’inno di Mameli e il tricolore la esalta. 

E poi c’è lui (stavo per scriverlo maiuscolo, ma meglio evitare). 

Jannik Sinner, 23 anni, numero uno al mondo nonostante la squalifica/accordo che lo ha tenuto per tre mesi lontano dal tennis per un assai discutibile caso di “doping”, ritornato in tempo per giocare -non a caso- gli Internazionali d’Italia. Questi tre mesi di “pausa”, secondi alcuni, potevano essere una catastrofe e invece è diventate un’occasione per approfondire la riflessione e l’allenamento, trovando il tempo per vivere e frequentare una nuova “fidanzata”, che i giornalisti chiamano “flirt”. Anche le sue parole sono sempre state straordinariamente sensate e a proposito delle critiche di Federica Pellegrini sul suo trattamento di “favore” ha risposto con equilibrio e maturità: “Non auguro a nessuno di passare da innocente quello che ho passato io. Ma ognuno può dire ciò che vuole. Va bene così”. Ben vengano, allora, le parole -belle e sagge- di questi atleti che faticano, si allenano, vincono e perdono, ma soprattutto pensano.

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