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Abdelwahed, Zoghlami, Tortu: tris a Monaco

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Abdelwahed, Zoghlami, Tortu: tris a Monaco

Tre medaglie, tre bellissime e meritate medaglie nella quinta serata degli Europei di Monaco, e tutte permettono di scavare nella storia dell’atletica italiana. Sono due gli azzurri sul podio dei 3000 siepi: il romano Ahmed Abdelwahed è d’argento con 8:22.35, il siciliano Osama Zoghlami è di bronzo (8:23.44) dopo una gara tutta all’attacco per il terzetto azzurro completato dall’altro gemello Zoghlami, Ala, che termina al settimo posto (8:27.82). L’oro va al finlandese Topi Raitanen che scappa via negli ultimi duecento metri. L’altra medaglia italiana è il bronzo del campione olimpico della staffetta Filippo Tortu nei 200 metri, la prima in carriera su questa specialità, tanto rincorsa e finalmente abbracciata in questa stagione: l’azzurro, con 20.27 (-0.3), è battuto soltanto da due britannici, il neo-campione d’Europa Zharnel Hughes (20.07) e l’argento Nethaneel Mitchell-Blake (20.17). La storia, si diceva. Le prestazioni di stasera consentono di sfogliare le pagine del passato: la doppietta sul podio delle siepi mancava da Helsinki 1994, quando fu d’oro Lambruschini e d’argento Carosi, quattro anni dopo la doppia medaglia azzurra di Spalato 1990 con il trionfo di Panetta e il terzo posto di Lambruschini. Bisogna tornare ancora più indietro per ritrovare un azzurro tra i primi tre dei 200, precisamente 44 anni, Praga 1978: l’oro della leggenda Pietro Mennea. Sale a 9 il bottino azzurro di Monaco quando mancano ancora due giornate di gara: 2 ori, 2 argenti, 5 bronzi. Nella serata dell’Olympiastadion, resa umida da una leggera pioggia, c’è anche il settimo posto di Dalia Kaddari nei 200 (23.19/+0.4) e di Ayomide Folorunso nella finale dei 400hs (55.91), la nona piazza di Gaia Sabbatini nei 1500 (4:06.04) da abbinare al dodicesimo posto di Ludovica Cavalli (4:10.93), la decima posizione nel triplo di Ottavia Cestonaro (13,48/-1.0). Da sottolineare il passaggio in finale di Simone Barontini negli 800 con 1:48.51 in gara tattica.

SIEPI – A un certo punto, sbatti gli occhi e sì, ci sono davvero tre azzurri in testa alla finale dei 3000 siepi: accade per un paio di giri, fin quando mancano quattrocento metri al verdetto delle medaglie. Si può sognare la tripletta, qualcosa che sarebbe stato un inedito nella storia azzurra, gloriosa, delle siepi. Bisogna però fare i conti con il finlandese Topi Raitanen che sgattaiola via e lancia l’assalto ad Ahmed Abdelwahed e Osama Zoghlami nel rettilineo opposto a quello conclusivo, quando Ala Zoghlami è già staccato dopo un lungo lavoro di squadra insieme al gemello Osama, un tandem che si dà il cambio in testa e detta l’andatura per ampi tratti. Origini egiziane ma romanissimo di Ostia, Abdelwahed, nati in Tunisia ma arrivati da piccoli in Sicilia, nel Trapanese, e poi trasferiti a Palermo, gli Zoghlami: l’Italia del mezzofondo, dopo il bronzo di Crippa nei 5000 e la doppia festa di stasera, comincia il proprio riscatto. 

“Siamo veramente felici, è la ciliegina sulla torta di una stagione molto lunga – le parole di Abdelwahed, seguito da coach Roberto Scalla – c’era un clima fantastico, tanti amici che mi sono venuti a vedere. La gara? Mi aspettavo questa volata lunga, i gemelli sono stati più coraggiosi, io sono rimasto più a lungo nel gruppo e ho cercato di restare concentrato. L’ultimo giro è stata solo emozione, ci abbiamo messo il cuore tutti. Ero il leader europeo stagionale ma non mi sento così superiore agli altri, non ero il favorito mentalmente. Ho pensato a me stesso, a fare una buona gara, sarei falso a dire che non sono soddisfatto. Motivato per fare ancora meglio in futuro. La dedico a tutti i miei fratelli ma in particolare a Ebrahim, corre anche lui e mi ha aiutato in un momento di difficoltà”. 

“È una medaglia pesante e sono felicissimo – il commento di Osama Zoghlami, allenato da quel Gaspare Polizzi che di medaglie ne ha vinte, e tante, al fianco di Totò Antibo – mi fortifica dopo tutti i sacrifici che ho fatto e di tutte le difficoltà che ho attraversato in questo anno, a partire da un inverno burrascoso. Per raggiungere questo podio abbiamo saltato i Mondiali quest’anno e abbiamo avuto ragione: mi porto a casa questa bella emozione. Abbiamo cercato di fare una gara tirata con Ala, non potevamo rischiare la gara tattica e volevamo portare il minor numero possibile di avversari. Sono stato coraggioso, ho cercato di fare il mio. Questo bronzo, in primis, è per il mio allenatore Gaspare Polizzi che dà l’anima per me e mio fratello, ha dato tanto a questo sport e continua a farlo”.

200 METRI UOMINI – Quarto all’uscita di una buona curva, l’affare diventa un 3 vs 1, tre britannici contro un azzurro. L’azzurro è Pippo Tortu, i ‘brit’ sono in prima battuta Charles Dobson e poi Hughes e Mitchell-Blake. Dobson esce più forte dai primi cento metri ma da dietro mordono, azzannano. Il più giovane dei tre di Union Jack si fa riprendere dall’affamato trio a una quarantina di metri dal finish: Hughes mette la testa davanti, Tortu duella di nuovo con Mitchell-Blake ma stavolta, a differenza della romanzesca frazione finale di Tokyo, il sorpasso non riesce. È comunque un bronzo che vale tantissimo, seppur senza lasciarlo felice del tutto: “Da questa gara avrei voluto qualcosa in più, ma devo essere soddisfatto perché è una medaglia a un Europeo, anche se in questo momento non mi riesce facile – le parole del 24enne brianzolo allenato dal papà Salvino – Credo di non aver fatto grossi errori, di aver dato tutto quello che potevo e alla fine gli altri sono stati più bravi. Da domani penserò a cosa migliorare per la prossima volta.

È stato il primo anno che preparavo in modo completo i 200 metri, mi lasciano con la bocca un po’ assetata, ma credo di aver fatto una grande stagione. Ho dedicato tutto me stesso per correrli in modo perfetto, ancora non sono totalmente in grado di farlo e questo mi dà un ulteriore stimolo per allenarmi e provare a fare il più possibile nei prossimi anni”.

200 METRI DONNE – È settima, Dalia Kaddari, nella prima finale nei 200 metri dell’atletica dei grandi. La regina d’Europa U23 disegna una curva pregevole ma nel lanciato non si distende come potrebbe, e resta al di sopra dei ventitré secondi (23.19/+0.4) nella sfida che vede la svizzera Mujinga Kambundji (22.32) sfilare la corona continentale a Dina Asher-Smith (22.43), con il bronzo che finisce nello zaino della danese Ida Karstoft (22.72): “Molto felice di aver corso per la prima volta una finale europea a livello assoluto – dichiara la cagliaritana di Quartu Sant’Elena, allenata da Fabrizio Fanni – però sicuramente mi aspettavo un crono e anche una posizione migliore. Mi sono sentita bene in curva, invece mi è mancata la parte del rettilineo, dove riesco a esprimermi meglio di solito. Un altro appuntamento, ancora più importante, sarà domenica con la finale della staffetta”.

400 OSTACOLI – Femke Bol, e poi il resto d’Europa, a debita distanza. L’olandese primatista d’Europa realizza l’auspicata (e mai vista prima) doppietta 400+400hs staccando tutte le avversarie come da pronostico: la bandiera ucraina sventola due volte, per Viktoriya Tkachuk e per Anna Ryzhykova, le meno lontane dalla regina. Ayomide Folorunso in versione-finale non è quella dei giorni migliori, chiude settima in 55.91 e torna a casa con il rammarico di chi sa che avrebbe potuto ambire a un piazzamento più ghiotto: “Per me è una stagione da incorniciare, volevo mettere la ciliegina sulla torta e non sono riuscita a piazzarla bene – ammette – La finale europea mi era sfuggita quattro anni fa, e sono contenta dei progressi che ho fatto, ma anche consapevole di quanto ci sia ancora da lavorare. Mi sono mancate un po’ le energie, per ora l’appuntamento è solo rimandato”.

LE ALTRE AZZURRE IN FINALE – Nona Gaia Sabbatini (4:06.04), fuori dalle “finaliste” dei 1500 metri intese come prime otto, complice un cedimento nel finale che propizia la rimonta delle avversarie alle sue spalle, dopo che aveva imboccato gli ultimi duecento metri in quinta piazza, nemmeno troppo distante dal duello Laura Muir-Ciara Mageean risolto in favore della britannica (4:01.08). Più lontana dalle zone che contano Ludovica Cavalli (dodicesima, 4:10.93) che il capolavoro l’aveva fatto in batteria. Il decimo posto di Ottavia Cestonaro è il frutto del 13,15 iniziale (-0.4), del successivo nullo e della chiusura da 13,48 (-1.0). Oltre i quindici metri vola invece Maryna Bekh-Romanchuk (15,02/+1.9). 

800 METRI – Ci credeva, la voleva, se l’è presa. È finale per Simone Barontini negli 800 metri: a un anno dall’oro agli Europei U23 stavolta lo scenario è quello assoluto, faccia a faccia con i migliori del continente, ma sempre con la tenacia e la combattività che contraddistingue il marchigiano, atteso domenica alla corsa finale dopo il secondo posto nella sua semifinale, la più tattica della due, con il crono di 1:48.51 sulla scia dello svedese Andreas Kramer (1:48.37). Chiude forte, l’azzurro, che rimonta posizioni e guadagna la Q maiuscola, mentre nell’altra semifinale lottano su altri riscontri cronometrici lo spagnolo Mariano Garcia (1:46.52) e il britannico oro mondiale dei 1500 Jake Wightman (1:46.61). “Volevo correre davanti in ogni caso, come in batteria – racconta Barontini – È stata una gara lenta, però me la sono giocata bene cercando di non rimanere chiuso all’interno e non posso essere più felice di così. Mi sento in forma, ho rincorso questo Europeo fino all’ultimo e puntavo anche ai Mondiali, ma come l’anno scorso dopo aver mancato un obiettivo ho sfogato tutto su un altro. Ora ho un giorno di recupero, poi si va in finale per sognare”.

LE ALTRE FINALI – Riecco Karsten Warholm. Dopo la delusione dei Mondiali di Eugene, il vichingo primatista del mondo si conferma sul tetto d’Europa (47.12, record dei campionati), ritrovando il sorriso in una stagione segnata dall’infortunio di Rabat. I rivali possono soltanto guardarlo da lontano: argento al francese in grande ascesa Wilfried Happio, transalpini che mancano di un solo centesimo la doppia medaglia per mano del turco Yasmani Copello (48.78) che esclude dal podio Ludvy Vaillant (48.79). Nel disco, il figlio d’arte Mykolas Alekna sorprende il campione del mondo Kristjan Ceh con il lancio più lungo della storia dell’Europeo: 69,78 per il lituano, 68,28 per lo sloveno che stavolta deve accontentarsi dell’argento. Lawrence Okoye regala alla Gran Bretagna la prima medaglia di sempre nel disco (67,14).

COMUNICATO UFFICIALE FIDAL

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