“Z” e lo sport russo. L’approfondimento del nostro consigliere Franco Del Campo
“Z”. E’ una lettera, misteriosa, che si aggira anche nello sport russo. “Z” è stata segnata su tutti i carri armati e mezzi militari russi che stanno invadendo l’Ucraina, ma nessuno sa davvero che cosa significhi. Potrebbe significare “Zar”, ma più probabilmente si richiama a “Za pobedu”, che in russo significa “per la vittoria”. E così “Z” è diventato il simbolo dell’appoggio, da parte dei russi e non solo, all’intervento militare in Ucraina. “Z” è apparsa, qua è là, anche nel mondo dello sport ed ha suscitato perplessità e proteste. Ma è compito dello sport prendere posizione sulle grandi questioni politiche, come avvenne nella clamorosa protesta di Tommie Smith e John Carlos ai Giochi del Messico nel 1968? Spesso lo sport ha dato poderosi messaggi di fratellanza, come avvenne all’Olimpiade di Berlino nel 1936, con l’amicizia tra l’afroamericano Jesse Owens e il tedesco Luz Long, che suscitò l’ira di Hitler. Come, in queste settimane, il doppio di tennis composto da un russo e un ucraino, che insieme hanno vinto al torneo di Marsiglia. Sull’altro versante, un giovane ginnasta russo, Ivan Kuliak, è salito al secondo posto sul podio ai mondiali di Doha con la lettera “Z” segnata sulla maglietta. La risposta migliore è arrivata subito dopo, quando il vincitore, l’ucraino Illia Kovtov, è salito sul podio più alto senza degnarlo di uno sguardo. Juri Chechi (chiamato così in onore di Juri Gagarin, il primo cosmonauta, sovietico, della storia), campione olimpico ad Atlanta nel 1996, ha commentato il gesto come “ingiustificabile” e stupido, forse da spiegare con la giovane età dell’atleta russo, che non si è reso conto delle conseguenze della sua scelta. Ma lo sport, secondo Yuri Chechi, non può essere caricato anche di questa responsabilità. Ma che dire della decisione di escludere gli atleti russi dalle Paralimpiadi di Pechino? Se la Russia, tradizionalmente “grande potenza sportiva”, va punita, l’esclusione dei suoi atleti dalle gare, colpisce soprattutto chi ha dedicato anima e corpo alla competizione olimpica. Forse sarebbe stato più corretto e “sportivo” farli gareggiare senza “Z”, inno, bandiera e colori della Russia, come è già successo, perché, alla fine lo spirito olimpico, di pace e fratellanza, è agli antipodi della guerra. E’ questo il vero messaggio che lo sport deve proteggere e diffondere …a tutti i costi.
Franco Del Campo