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Beijing2022, ci siamo! Facciamo il punto sui Giochi Olimpici Invernali di Pechino

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Beijing2022, ci siamo! Facciamo il punto sui Giochi Olimpici Invernali di Pechino

Sport, politica e pandemia. Sono i tre ingredienti, ben agitati e non mescolati, che danno “sapore” ai Giochi Invernali di Pechino (Beijing), che si aprono, domani, venerdì 4 febbraio 2022. Ormai -ma succede da tempo- i Giochi olimpici vengono letti anche in un’ottica geopolitica, con l’aggiunta della variante pandemica, come è avvenuto a Tokyo pochi mesi fa. Ecco perché, a Pechino, la geopolitica e la pandemia, almeno prima dell’inizio dei Giochi veri e propri, sembrano prendere il sopravvento sullo sport vero e proprio. Intanto perché la pandemia è iniziata proprio in Cina, forse a Wuhan, probabilmente nel dicembre del 2019, per diventare globale in pochissimi mesi. E non è un caso se la Cina ha contrastato il virus applicando regole ferree e militarizzate di lockdown per milioni di persone ed ora impone severi controlli, tamponi e quarantena a tutti coloro che si avvicinano al Villaggio olimpico (quasi 300, fino ad oggi, tra i quali anche il presidente del CONI, Giovanni Malagò, risultato positivo e che dovrà saltare la cerimonia di apertura).

Ma la Cina è ormai una super potenza da tutti i punti di vista e quando fa sentire il suo peso, nessuno sembra in grado di resisterle. E poi, come sempre, c’è la politica. Così si è quasi svuotato di significato il boicottaggio diplomatico di Biden -in difesa dei diritti umani, che dovrebbero essere il fondamento dello spirito olimpico- mentre Putin, che non si preoccupa troppo di questi aspetti etici, sarà al fianco del suo amico Xi Jinping. La presenza di Putin non è solo una scelta di facciata perché il nuovo zar di tutte le Russie ha anche promesso di rispettare la “pax olimpica”, dopo che le Nazioni Unite avevano chiesto una “tregua” dalle guerre, come avveniva tremila anni fa, e quindi anche l’Ucraina, per il momento, può tirare un sospiro di sollievo.

La Cina, poi, ha reinterpretato, a modo suo, anche l’internazionalismo, reclutando per i Giochi molti atleti che appartengono ai cinesi della diaspora di tutto il mondo, ma che si sentono ancora legati alla madre patria. Così si è formata una squadra competitiva di hockey su ghiaccio (solo 8 su 25 sono nati in Cina), ma l’esempio più eclatante è Eilleen Alinng Gu, cresciuta negli USA, ma di madre cinese, campionessa di freestyle, che ha scelto di partecipare sotto la bandiera rossa con le cinque stelle, anche perché –dicono- parla perfettamente il mandarino. Niente di scandaloso, specie per noi, che abbiamo sempre fatto ampio uso nel calcio di “oriundi”, ma anche questo è un segno dei tempi.

E poi c’è il Tibet, ormai provincia cinese da 72 anni, meta futura di turismo invernale, patria di scalatori, ma adesso anche di snowboarder e fondisti. Ma, alla fine, ai Giochi olimpici ci sarà anche lo sport, che inizieremo a guardare ed ammirare, come sempre, dimenticandoci, forse, di quanto sia complicato il mondo in cui viviamo.

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